Se prendiamo altre chart del report sulla pubblicità online sembra che le quote di mercato si siano più è meno stabilizzate: cresce la fetta di search e video, diminuisce quella di display e classified, ma non si tratta di enormi sbalzi.
Nota l’allargamento della forbice fra performance e CPM. Se nel 2006 i 2 modelli raccoglievano le medesime revenue, oggi le performance sono al 64% e il CPM al 32%.
E questa roba, lato editore, non è affatto simpatica.
L’inserzionista, complice la crisi (mai parola fu più abusata…), vuole rischiare sempre meno e quindi, se decide di investire su un editore online, sposta su di lui tutto il rischio: – CPM, + performance, – banner comprati per fare branding, + banner comprati a CPC/CPA.
Aggiungi a questo che i banner non li guarda (e non li clicca) quasi più nessuno, ed eccoci arrivati al paradosso: la pubblicità online cresce, ma non sono di certo gli editori ad avvantaggiarsene.
E’ dal 2008 che io non vedo tutta sta euforia nell’editoria online, a dispetto dei report sull’advertising pubblicati da IAB: tutti sti soldi investiti in pubblicità sul web, evidentemente, finiscono nelle tasche di qualcun altro.
Articolo da: blog.tagliaerbe.com